SCOPERTA INCREDIBILE! : “LA FIRMA DI LEONARDO NELL’OCCHIO DEL SALVADOR MUNDI!”

Parliamo di Leonardo da Vinci, un genio senza tempo che ha precorso i tempi a cui intorno alla sua vita si e’ detto di tutto e tutto si continua a dire …sono tanti gli storici che hanno investigato sulla vita sessuale di Lonardo…ma un genio come lui ed esteta estremo, non poteva che essere gay! Tra i vari storici dell’arte che hanno fatto cenno al tema in più ampie monografie dedicate alla produzione artistica di Leonardo, occorrerà citare almeno Frank Zöllner, uno dei massimi esperti di Leonardo, che nella sua monografia edita da Taschen riporta, nella sezione dedicata alla fase giovanile della sua carriera, che Leonardo “già da giovanissimo era noto per le sue inclinazioni omosessuali (un reato al tempo)” e che queste inclinazioni “nel XVI secolo erano accettate quasi come un tratto ovvio del suo ritratto di genio”. Si tornerà più avanti, nell’articolo, sui documenti che motivano e sostengono le due frasi di Zöllner: si può cominciare però in maniera più larga ricordando che la discussione moderna sull’omosessualità di Leonardo nasce con Sigmund Freud. Il padre della psicanalisi, nel 1910, scrisse un corposo saggio intitolato Eine Kindheitserinnerung des Leonardo da Vinci (“Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci”) centrato su di un appunto che Leonardo da Vinci scrive in uno dei fogli (il verso del numero 186) del Codice Atlantico, dove l’artista rievoca un sogno che ebbe da bambino. “Ne la mia prima ricordazione della mia infanzia”, scrive Leonardo da Vinci, “è mi parea che, essendo io in culla, che un nibbio venissi a me e mi aprissi la bocca colla sua coda, e molte volte mi percotessi con la coda dentro alle labbra”. In sostanza, Leonardo ricorda di aver avuto un sogno in cui un nibbio gli colpiva ripetutamente la bocca con la coda.

Oltre alla presunta omosessualita’ di Leonardo, da sempre gli storici e i critici d’arte sono affascinati dalle opere eccelse che il grande genio ci ha lasciati in eredita’, uno tra questi e’ il “Salvator Mundi”, il controverso dipinto da prezzo record attribuito a Leonardo da Vinci, venduto all’asta (per 450 milioni di dollari) al principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, che forse nasconde un segreto!

L’opera, dopo essere stato sottoposto a un profondo intervento di restauro a causa dei danni subiti. Tuttavia, con le migliori riproduzioni del dipinto dopo la pulizia e prima de restauro a cui l’opera è stata sottoposta, è possibile, grazie all’utilizzo di un avanzato software di edizione di immagini, rilevare delle linee che inducono fortemente al riconoscimento di qualcosa di molto particolare. In realtà, il punto che qui si vuole sottolineare sarebbe solo un possibile indizio piuttosto che tracce casuali. La possibilità di una coincidenza tra tratti e lettere esiste ed è forte, anche se, comunque, resta il fatto – come riferito – dell’interferenza a favore di un’errata interpretazione dovuta alla qualità non ottima di alcune delle foto disponibili.

Dentro l’occhio. L’elemento, trovato dalle analisi di alcune riproduzioni ad alta risoluzione del dipinto, deriva dai segni nel suo occhio destro (punto di vista del Cristo), forse a indicare l’iscrizione: “lionardo”. Riscontrata lungo la curvatura, appena sotto l’iride, è simile ad alcune firme dell’artista toscano. Come in altri casi simili a questo, le linee non sono facili da identificare, ma una somma grafica sequenziale di evidenze sembra indicare qualche “intenzione” dietro a ciò che potrebbero sembrare solo dei segni casuali.

Quanto a eventuali supposizioni che il restauro della Dott.ssa Modestini possa aver involontariamente “prodotto” queste linee, va considerato che più della metà della zona in cui si trova tale “iscrizione” non ha subito danni in misura maggiore – come evidenziato dagli infrarossi. Questa parte è stata, diciamo, ripulita dalle antiche pennellate. Modestini, infatti, assicura che è intervenuta il meno possibile in tale zona. Inoltre, come afferma lei stessa, il risultato complessivo del restauro dell’occhio destro è stato ragionevolmente soddisfacente, per cui si può considerare alta la probabilità che la parte in cui si trovano questi segni possa aver conservato la base della struttura grafica su cui si è svolto il restauro. Valida, a proposito, la valutazione di Martin Kemp, il quale, stupito nel vedere direttamente i risultati, ha dichiarato che sopra l’occhio destro aveva notato la manipolazione del colore da parte di Da Vinci con l’uso del palmo della mano (tipico di Leonardo). In altre parole, tale dichiarazione potrebbe essere intesa come un certificato di buona fedeltà tra ciò che possiamo vedere oggi in questa frazione del dipinto e quello che dovrebbe essere stato 500 anni fa.

È importante sottolineare che la firma sul “Salvator” potrebbe riaffermare il suo collegamento con il “Ritratto di Lecco” (che è servito di base ad altre due mie scoperte riguardanti la Sindone di Torino), evidenziando una fortissima associazione tra Da Vinci e altri elementi. Nell’autenticare il “Salvator”, la stessa nozione del Cristo “sindonico” a cui si ispira sarebbe presente anche nella sanguigna del XVI secolo (il “Ritratto di Lecco”), nel quale sono riuscito a scorgere un corpo nudo tra i capelli del Messia – molto simile ai segni sulla Sindone. Quindi, una vicinanza di Leonardo al tema della “Sindone” potrebbe manifestarsi non in una, ma in tre rappresentazioni di Gesù (per quanto ne sappiamo): frontale (“Salvator Mundi”), di ¾ (“Ritratto di Lecco”) e di profilo (corpo nudo celato tra i capelli del “Ritratto di Lecco”). L’insieme di tutti questi elementi potrebbe, finalmente, mettere fine alla disputa tra sostenitori e detrattori dell’opera in mano saudita, poiché sarebbero giustamente superate le argomentazioni sulla discussione della sua paternità: Un Messia “bizantino” frontale (“Salvator Mundi”), simile al Volto Santo della Sindone, che coesiste armoniosamente con una versione più “moderna” (“Ritratto di Lecco”), ponendosi quest’ultimo come ponte tra il “Salvator” e la Sindone.

Con tale scoperta – pubblicata sulla rivista “Humanitas” (Ed. Escala, San Paolo) ad aprile del 2022 – dimostro che questi segni sono un dato di fatto. Motivo per cui qualsiasi contributo accademico per un ulteriore approfondimento a riguardo sarebbe interessante. Gli studi proseguono, più che mai, ispirati dalle stessa filosofia di Leonardo: chi ha occhi, che vedano.

Átila Soares da Costa Filho è brasiliano, insegnante, ricercatore, scrittore, esperto e valutatore di opere d’arte. Ha una laurea in Disegno Industriale conseguita presso la Pontifícia Universidade Católica di Rio de Janeiro e diversi titoli di specializzazione post laurea in Storia, Filosofia, Chiesa Medievale, Storia dell’Arte, Antropologia, Sociologia, Archeologia e Beni Culturali. È, inoltre, collaboratore nella rivista Humanitas (Ed.Escala, São Paulo), nei siti web Italia Medievale (Milano) e Nova Acrópole (Lisbona). Fa parte del comitato scientifico della Mona Lisa Foundation (Zurigo), della Fondazione Leonardo da Vinci (Milano) e del progetto L’Invisibile nell’Arte (Roma). È autore di quattro libri: “La Giovane Gioconda e altre domande intriganti sulla Storia dell’Arte” (2013); “Leonardo da Vinci’s Earlier Mona Lisa” (co-autore, 2016), a cura dello storico dell’arte, Stanley Feldman; “Leonardo e la Sindone e altre domande curiose sull’Arte e la Storia” (2016); e “Leonardo Da Vinci Mona Lisa: New Perspectives” (co-autore, 2019), a cura del Prof. Jean-Pierre Isbouts.

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